Okizawa ci spiegò che era previsto che aiutassimo le truppe nipponiche
a conquistare l’ultimo baluardo nemico in Hong Kong, un aeroporto che era tenuto
da quello che restava della quinta e settima divisione di fanteria Alleate e
dai prodigi canadesi di cui ci aveva già accennato. Si trattava di un mago
pellerossa, di un piromante, di una donna capace di influenzare i campi
magnetici, di un colosso simile a Tori ma coperto di peli che ricordava uno
yeti, e di una mutaforma che poteva prendere le sembianze di qualsiasi animale.
Per rafforzare le nostre fila era stato chiamato Shirane Hayao, un prodigio
capace di volare.
Decidemmo di farci teletrasportare da Shirami fino alla sommità della
torre di controllo, e da lì cominciare a scendere fino a liberare la strada
alle nostre truppe. Cogliemmo di sorpresa tre ufficiali, e avemmo subito la
meglio su di loro, ma uno di essi precipitò giù dalla vetrata mandando in fumo
il nostro effetto sorpresa.
Rendemmo inutilizzabili le apparecchiature radio, per rendere più
difficoltoso il passaggio delle istruzioni tra i nostri nemici. Attraverso il
vetro infranto vedemmo che i prodigi stavano raggiungendoci in mezzo al campo
di decollo, e senza aspettare un istante Yokoi si lanciò giù dalla vetrata in
frantumi, frenando la propria caduta piantando una delle sue spade sulla parete
della torre. Che esibizionista.
Il piromante
avversario, vedendoci, scagliò cinque dardi di fiamma contro la torre, ma
intervenne Egami riflettendo il colpo. Purtroppo riuscì a respingere solo un
proiettile, incassando gli altri quattro. Tori e Shirane si lanciarono giù
dalla finestra, il primo confidando sul fatto che per sé era un saltino da
nulla, l’altro utilizzando il potere del volo. Io ed Egami invece passammo più
prosaicamente dalle scale. Quando arrivammo in campo, Tori aveva già tramortito
con un ceffone la calamita umana. Shirane invece aveva attaccato il mago, ma
sulla sua strada si era messo lo yeti, parando col proprio corpo un colpo che
probabilmente avrebbe ucciso il suo alleato e stordendo il nostro compagno. Il
mago ebbe così il tempo di far alzare una nebbia tanto spessa da oscurare il
cielo, e, anche se in quella caligine c’era il rischio di colpire il nostro
Shirane, Egami gli scagliò contro il colpo dei cinque draghi. Nella caligine
esso arrivò fortunosamente a segno, ferendo solo lievemente il nostro alleato,
ma già si sentiva che il mago stava intonando un nuovo sortilegio. Allora mi
buttai anch’io tra le ombre, ed estrassi dal fodero la mia Kurodachi. Ancora
non sapevo che effetto avrebbe avuto, conoscevo la sua reputazione ma non
l’avevo mai utilizzata contro un mago o un custode. Evidentemente qualcun altro
la sapeva più lunga, perché il parlottio si spezzò istantaneamente, e il
pellerossa esclamò “Io conosco quest’arma!”. “Bravissimo”, pensai mentre
seguendo la sua voce mi avvicinavo ancora, ma arrivai al punto di non sapere
più da che parte dirigermi. Allora scelsi di colpire in una direzione a caso, e
il fato volle che riuscissi a trafiggere il mio nemico. Fece in tempo a
lanciare un’ultima magia grazie alla quale tutta la squadra sparì alla nostra
vista, con l’eccezione della calamita che venne eliminata definitivamente da
Tori prima che la magia la raggiungesse. Egami si vide sfrecciare accanto un
uccellino, ma non ebbe il tempo di colpirlo prima che svanisse: doveva essere
la mutaforma.
La nebbia si levò, e le truppe nemiche, scoraggiate dall’eliminazione
del loro più potente alleato, si arresero.
Una nuova tacca poteva essere
incisa.